Sul vitto in carcere

Due articoli sul sistema del vitto e del “Sopravvitto”, pongono in evidenza questo problema. Prima sul “Missionario” degli Stimmatini padre L. Boldrin, mette in risalto il cosiddetto “sopravvitto” nelle carceri, che nonostante l’impegno e la costanza dei controlli da parte dei direttori permane. IL secondo di Federica Cravero su “Repubblica”, analizza la criticità delle procedure di appalto al ribasso, che come in altre amministrazioni pubbliche (comuni, regioni ecc.), crea le condizioni per una serie di illeciti difficilissimi da contrastare.

Il costo di un detenuto? Tre euro bastano per colazione, pranzo e cena

di Federica Cravero

La Repubblica, 17 febbraio 2022

Le gare d’appalto vengono aggiudicate al massimo ribasso, ma si cerca di cambiare con nuovi bandi. Colazione, pranzo e cena in carcere costano (e valgono) poco più di tre euro. Non a pasto, ma in tutto. Da gara il prezzo del vitto parte da 5,70 euro, ma poiché vince l’appalto chi offre il massimo ribasso, un detenuto si nutre per tutta la giornata con quello che un cittadino libero spende per la colazione al bar. Il paragone con altre forme di ristorazione collettiva è impietoso. In ospedale – prendiamo ad esempio le Molinette – il paziente mangia con 13,5 euro al giorno. Solo il pranzo di un bambino a scuola costa al Comune di Torino 5,72 euro. Un pasto per un adulto in un centro diurno supera i 7 euro.

Oltre al problema della qualità, a queste cifre si affaccia anche quello della quantità: e il sovraffollamento incide. Al Lorusso e Cutugno di Torino, per esempio, si mangia in 1400 dove c’è cibo per 1062 detenuti. Chi vuole e ha disponibilità economica può comprare viveri extra – il sopravvitto – ma a un prezzo superiore a quanto costa in un ipermercato o in un discount. Fino a pochi mesi fa la stessa ditta forniva sia il vitto che il sopravvitto ed era stato avanzato il sospetto che ci fosse un interesse ad affamare da una parte i detenuti per poi arricchirsi con gli alimenti venduti a parte. Non solo in Piemonte. Lo aveva denunciato la garante dei detenuti di Roma, Gabriella Stramaccioni, che ha fatto aprire un’inchiesta della magistratura. L’eco di quella denuncia è arrivata al ministero di Giustizia e anche nelle carceri piemontesi qualcosa sta cambiando. Nei mesi scorsi è stato revocato l’appalto e sono state indette nuove gare che per la prima volta impongono una separazione tra chi fornisce il vitto e chi il sopravvitto. In Piemonte qualcosa si era mosso anche prima: nel 2017 il Tar del Piemonte aveva bocciato la vecchia gara che prevedeva una base d’asta di 3,90 euro al giorno, troppo bassa per garantire un buon servizio. Si era passati quindi a 5,70 euro, ma con un ribasso di gara del 43% (tanto è nell’ultimo appalto) si arriva a 3,27 euro. Somma che peraltro pagano i detenuti, con una quota mensile per vitto e alloggio.

Ma le cose ora cambieranno ancora. In queste settimane una commissione sta valutando le offerte presentate per le nuove forniture.

Si tratta di bandi transitori per il solo 2022, ancora ristretti al gruppo di operatori – Dussmann, Landucci, Sirio, Pietro Guarnieri e Domenico Ventura – che negli ultimi decenni si è spartito i lotti delle carceri italiane. In un secondo momento si allargherà poi la rosa dei candidati anche alle ditte della grande distribuzione, aumentando la concorrenza nella speranza di un servizio migliore. “Mi auguro che le cose possano migliorare con i nuovi appalti – commenta la garante dei detenuti di Torino, Monica Gallo – e che ci sia più attenzione per i cibi, in particolare per coloro che hanno esigenze nutrizionali particolari”.