Storie di cambiamento possibile

Una storia questa che, per chi si occupa di carcere,  aiuta e conforta a pensare che, nonostante le difficoltà, non si lavora per niente, ed è importante comunque dare sempre a tutti un’altra possibilità. 
In questo articolo de “La Stampa”, la storia di Salvatore Striano, la realtà di una persona che, nonostante le difficoltà, è riuscito a cambiare la propria vita in maniera radicale.di

Striano, protagonista di «Gomorra», gira l’Italia per portare la sua testimonianza: «Voglio abbattere il fascino del male». Lo abbiamo incontrato nel torinese, durante un’iniziativa dell’Associazione Il Disegno di Lorenzo

di DOMENICO AGASSO JR

Lorenzo è un bambino di 6 anni che non c’è più. Dal 2011. Ma il suo spirito continua a soffiare e a portare gioia e forza. Salvatore «Sasà» Striano è un ex criminale, classe ’72: arrestato, in carcere inizia il suo riscatto personale grazie al teatro, si rifà una vita e oggi è uno scrittore e attore – protagonista del film «Gomorra» – che gira l’Italia per trasmettere ai giovani messaggi educativi, incoraggiarli a cercare il bene, stimolandoli a valorizzare i propri talenti. Per abbattere «il fascino del male». I due, Lorenzo e Sasà, il mese scorso si sono «incontrati». È successo a Carmagnola, nel torinese, a novembre.

Come?

Lo spiega Cristina Manconi, 47 anni, la mamma di Lorenzo: «Abbiamo invitato Salvatore nella nostra città per farlo conoscere ai ragazzi delle scuole medie e superiori, e anche agli adulti», con la collaborazione del Gruppo di Lettura di Carmagnola. Cristina è la presidente dell’Associazione Il Disegno di Lorenzo Onlus, nata nel 2012 dopo la scomparsa del piccolo a causa di un tumore:  sostiene «famiglie con bambini malati e in difficoltà economica. E poi ci occupiamo di prevenzione per i giovani, con iniziative come quella di Striano». Cristina raconta l’origine del «Disegno» presente nel nome e nel simbolo dell’Associazione: «Il disegno nel simbolo è opera di Lorenzo, e mio marito (Giuliano Racco, 49 anni, ndr) ha aggiunto la “L” di Lorenzo. Ci chiamiamo così perché c’è il disegno creato da nostro figlio, e poi perché portiamo avanti quello che lui avrebbe voluto fare: vivere nonostante le difficoltà. Cerchiamo di trasmettere la sua voglia di vivere, e le nostre parole chiave sono forza d’animo e coraggio».

Cristina è entusiasta della tournée di Striano: «Quella con Sasà è stata un’occasione educativa unica per ragazzi e adulti: la sua testimonianza è un prezioso aiuto per formare la propria coscienza civica».

Ecco, Sasà.

Salvatore Striano è nato e cresciuto nei Quartieri Spagnoli di Napoli. La sua «carriera» nel crimine è precoce: a 7 anni vende sigarette nei vicoli; a 9 ruba rossetti e mascara nei centri commerciali per rivenderli alle prostitute, alle quali conduce i soldati americani sbarcati nel porto. Accelera: a 14 spaccia cocaina, e in breve tempo diventa uno dei leader del gruppo criminale «Teste Matte», che  osa sfidare la camorra. Nella sua seconda vita racconterà questa storia nel romanzo «Teste matte», scritto con Guido Lombardi e pubblicato da Chiarelettere. Arrestato dopo un periodo di latitanza in Spagna, è stato poi trasferito in Italia. In prigione a Rebibbia frequenta un laboratorio teatrale: scopre la letteratura, Shakespeare. Il teatro è la svolta. Torna in libertà e diventa un camorrista, ma solo per Matteo Garrone, in «Gomorra»; poi un rapinatore, ma solo per Guido Lombardi in «Take five». Inizia l’altra sua carriera, quella da attore per il cinema e la tv.

Nel 2012 torna a Rebibbia, ma questa volta per la consacrazione cinematografica: gira le scene di «Cesare deve morire», tratto dal «Giulio Cesare» di Shakespeare (Orso d’oro al Festival di Berlino). Eccolo di nuovo, Shakespeare, decisivo in bene per Striano. Infatti nel 2016 pubblica «La tempesta di Sasà», sempre con Chiarelettere, in cui racconta la scoperta del teatro a Rebibbia e in particolare il lavoro svolto sui testi del Bardo.

Lavorerà anche con Beppe Fiorello in tv per «L’oro di Scampia».

Nel 2017, per le edizioni Città Nuova, pubblica il romanzo «Giù le maschere».

Salvatore, lei ha conosciuto e affrontato il «buio», ma poi ha saputo ritrovare la «luce»: come descrive la sua vita?

«Sono stato in un tunnel, terribilmente buio. Poi sono riuscito a trovare la strada per uscirne. E ritrovare così la luce, appunto. Mi ero messo nei guai, complicandomi tanto l’esistenza: quando frequenti “la strada”, la situazione precipita».

In che senso?

«Tutti i piani saltano e inizi a vivere alla giornata, ma non per spensieratezza o leggerezza. No: perché non hai più punti di riferimento, sei sempre con un piede fra la tomba e la galera. Ogni giorno i pericoli sono altissimi. Non è vivere, ma mal di vivere».

A distanza di anni, che senso dai a quei tempi così duri?  

«Il mio tunnel è diventato prezioso perché ora lo “mostro” alle persone che sono ancora dentro al loro tunnel, e non hanno idee o forza o stimoli per cercare l’uscita. Io l’ho trovata, e ogni giorno mi impegno per rendere salvifica la mia esperienza». 

Qual è la principale sensazione che provi nella tua attività educativa? 

«Questo è un periodo in cui abbiamo pochi esempi sani. Ecco perché una testimonianza di riscatto credo sia una manna dal cielo, soprattutto per tutti coloro che vogliono lasciare il loro carcere. Carcere che non è solo l’istituto penitenziario: ci sono molte persone che hanno “prigioni” diverse, a cominciare dalle dinamiche di sofferenza in casa, oppure le proprie debolezze psicologiche o caratteriali, o malattie; o problemi di lavoro o a scuola. Tutte situazioni in cui c’è bisogno di un riscatto o di una svolta positiva, che spesso nasce da scintille come l’ascolto di storie di rinascita». 

Qual è il momento chiave della vita di Salvatore Striano?

«Quando mi hanno messo in mano un copione teatrale: ecco che già all’interno della mia cella ha cominciato a entrare qualche raggio di luce». 

E la strada verso la serenità quando si è aperta?

«Quando ho terminato il lavoro di prove e con la compagnia teatrale siamo andati in scena: il pubblico non smetteva di applaudire, c’era chi si commuoveva. L’intensità delle emozioni in quegli attimi era palpabile, tangibile. Lì ho capito che la mia vita poteva diventare bella e preziosa».  

Quali sono stati i passi del «nuovo» Sasà? 

«Tracciare una via nella mia mente e poi iniziare a percorrerla, con un primo grandissimo obiettivo: non farmi più male e non fare del male ad altri, stare fuori e lontano dalle malefatte. Ho iniziato a lavorare anche sul linguaggio da usare».

Quale ruolo hanno Dio e la fede nella sua vita?

«Con Dio fatico ad avere un rapporto costante. Lo percepisco come “troppo grande”, e dunque (quasi) irraggiungibile. Preferisco dire che mi sento amico di Suo Figlio Gesù. L’immagine di Cristo maltrattato e poi messo in croce mi fa soffrire tanto, perciò mi piace pensarlo mentre si ferma a parlare con la gente, offrendo aiuto e una buona parola a chiunque incontri. E poi, c’è sant’Agostino».

Sant’Agostino? 

«Ha fatto “sbattere” (preoccupare, ndr) molto santa Monica, sua madre, ma poi si è riscattato e ha trovato la fede: io, con estrema umiltà, mi rivedo in lui, perché anch’io ho fatto spesso arrabbiare mia mamma. Purtroppo non ho fatto in tempo a mostrarle la luce che ho trovato, però sono convinto che lei la stia seguendo e se la stia godendo da Lassù. E così finalmente può vedere che non ha partorito un fallimento».  

Che cosa consiglia ai genitori?

«Di non farsi spaventare dal confronto con i figli, anche se spesso è molto duro. È meglio averlo in casa, il confronto-scontro, in modo che possa essere formativo e rafforzare i ragazzi in vista delle sfide che li aspettano fuori dal focolare. Per riuscirci, i genitori devono essere innanzitutto presenti fisicamente, e super presenti con la testa e con il cuore, senza farsi distrarre da mille cose superflue. Poi, non devono dare nulla per scontato con i figli, ed essere o diventare bravi ad ascoltarli veramente, sia quando i ragazzi parlano, sia quando tacciono».  

Con le persone disagiate che incontra che cosa la colpisce sul rapporto con i loro genitori?

«Si sentono dei falliti, addirittura venuti al mondo “per colpa di papà e mamma”».

Qual è il suo appello?

«I genitori non devono assolutamente trascurare il loro ruolo nella crescita dei figli. Insegnino loro il valore della fatica, perché così sapranno affrontarla quando sarà ora; trasmettano la capacità di entusiasmarsi, di cogliere e apprezzare le cose belle della vita, grandi e piccole che siano. Facciano capire quanto sia decisivo istruirsi: senza gli strumenti che dà la scuola nella vita non si va da nessuna parte, nella migliore delle ipotesi si va “dappertutto” ma in modo superficiale e fragilissimo. Li aiutino a scoprire i loro talenti, e ad applicarsi per valorizzarli. Solo così potranno vivere scuola, lavoro, studio, sport, arti, amicizie, tempo libero e amori con intensità, senza diventarne succubi o schiavi. E alla prima sconfitta non si abbatteranno, perché non saranno troppo vulnerabili in questo mondo che spesso “va al contrario”». 

Che cosa le ha lasciato dentro la storia di Lorenzo?

«La voglia di lottare ancora di più contro l’indifferenza verso chi soffre. Lorenzo è stato un bambino sfortunato che ha avuto una brevissima vita: ma ci parla ancora, attraverso la tenacia, il sorriso, l’amore e la generosità di sua mamma Cristina e di suo padre Giuliano. Quando li incontri ti sembra che Lorenzo non sia solo figlio loro, ma figlio di tutti noi. Vedere una famiglia di persone così genuine che lottano con così tanto amore per diffondere messaggi di altruismo è una lezione continua e straordinaria».

Che cos’altro ci insegna la loro storia?

«A rallentare i nostri ritmi frenetici, altrimenti la nostra esistenza ci sfugge via mentre noi corriamo: occorre assaporare di più e meglio ciò che abbiamo, a cominciare dagli affetti. Assaporare i sentimenti, le emozioni. E bisogna sconfiggere la brama di potere e denaro, perché è uno dei principali nemici della gioia».

Qual è il grande sogno di Salvatore Sasà Striano?

«Avere sempre l’energia per essere utile a chi ha più bisogno. In particolare ai giovani, per i quali mi sento umilmente in missione. Sono un conoscitore del male, quindi per me è un dovere morale avvisarli dei pericoli, soprattutto quelli della droga, dell’alcol, del malaffare. Conto di riuscirci anche con la passione che metto nell’essere scrittore, attore e sceneggiatore e in tutto quello che faccio ogni giorno. E spero di toccare le corde giuste del cuore dei ragazzi, in modo da essere un vero, seppur piccolo, aiuto per loro, soprattutto nelle sfide più grandi e complicate: trovare e valorizzare i propri talenti, e il senso del cammino in questa vita».