Questo progetto propone ai detenuti di provare a ritornare sui banchi di scuola, magari senza avere la possibilità di ottenere un diploma, solo perché si sa che studiare serve, è importante. Quando accettano di provarci i detenuti sono pieni di perplessità. Per studiare occorre “ metterci la testa “, ma in carcere la testa è altrove: è nei tribunali, è dall’avvocato, è in famiglia, tenta disperatamente di continuare a dialogare con i familiari, con gli amici. Ma si intuisce anche che, con una maggiore capacità di riflessione, con un maggior bagaglio culturale, forse, certi errori si sarebbero evitati. E allora alcuni detenuti ci provano e spesso capita che ci si appassionano. E ricominciano da capo, disposti a dare importanza a quello che magari da giovani snobbavano. “La Fraternità”, i cui volontari da anni vivono a contatto con loro, sa bene che offrire scuola, cultura, significa rendere concreta e vivibile una possibilità di riscatto. La cultura fa restare il detenuto inserito nel mondo che lo attende, lo aiuta a costruire un’identità rinnovata, a rintracciare nuovi e migliori percorsi esistenziali. La cultura può favorire il riscatto personale, da cui nasce il possibile riscatto sociale e il reinserimento nella società. Ogni anno sono decine i detenuti che, aiutati da insegnanti volontari, si preparano a sostenere esami davanti a commissioni della scuola pubblica. A partire da quando il progetto è iniziato, e cioè dall’anno scolastico 2007/8, sono circa ottanta i detenuti che hanno superato esami di idoneità, tre hanno ottenuto il diploma di liceo linguistico, tre hanno sostenuto in carcere esami universitari. (Il Responsabile del progetto: Prof. Mario Merlin)
Intervista a Prof. Mario Merlin, ideatore e responsabile del progetto “Scuola superiore ed Università” – Casa circondariale di Montorio (VR) – 15/09/2014 –
Cos’è il progetto “Scuola superiore ed Università”?
Il progetto, organizzato dall’associazione “La Fraternità” con il patrocinio del MIUR attraverso l’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto e l’Ufficio Territoriale di Verona e finanziato dalla Regione Veneto (L. reg. 2 aprile 2014, n. 11, art. 46, ndr), consiste nel permettere ai detenuti del carcere di Montorio di seguire corsi di studio e permettere ai detenuti che si iscrivono di conseguire annualità scolastiche del Liceo giuridico-economico europeo, in collaborazione con l’Istituto di istruzione secondaria superiore “Lavinia Mondin” di Verona.
Non è già previsto per legge il diritto allo studio in carcere?
Certo, ma questo progetto è nato inizialmente proprio per consentire il diritto allo studio di tutti, anche di coloro i quali non potevano partecipare perché non in condizioni di frequentare i corsi regolari, ovvero i detenuti della III sezione, la cd. “sezione isolati”. Ma ora il progetto si è allargato ed è stato esteso a tutti i detenuti che abbiano il diploma di terza media od un pari titolo di un paese straniero riconosciuto in Italia, indifferentemente dalla sezione di appartenenza, in ragione della diversità di fondo di questo progetto.
Questo progetto è diverso perché ha come obiettivo principale quello di rieducare attraverso l’istruzione il soggetto che partecipa ai corsi di studio, a prescindere dall’ottenimento del diploma. L’importante è cercare di scolarizzare chi vi partecipa ed ottenere, attraverso l’innalzamento del livello scolastico, un aumento del livello critico di ciascuno dei partecipanti. Infatti il nostro desiderio non è che tutti i detenuti, una volta usciti dal carcere, proseguano la carriera scolastica, poiché sarebbe impensabile ad esempio per chi ha già un’età sufficientemente adulta e troppo avanzata per terminare tutto il percorso di studi; il nostro desiderio è invece quello di stimolare e far sì che i partecipanti possano sviluppare attraverso la cultura uno processo di critica che li possa accompagnare nel corso della loro vita una volta usciti dal carcere.
Chi tiene le lezioni e in quali spazi?
I docenti, oggi circa 20/25, sono tutti insegnanti abilitati volontari, ancora in attività o in pensione, e provenienti da diversi istituti scolastici. Le lezioni si svolgono durante tutta la settimana, sia al mattino che al pomeriggio, in tre aule all’interno del carcere, adibite una a laboratorio linguistico, una alle lezioni frontali ed una allo studio personale. In dotazione vi è tutto il materiale scolastico ed informatico necessario per permettere ai partecipanti di seguire in modo attivo i vari insegnamenti. Gli eventuali esami, per chi intenda sostenerli, si tengono a partire da fine maggio secondo il calendario previsto dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Nel progetto è prevista anche la collaborazione con il sistema accademico. Vi è la possibilità per i detenuti di iscriversi a corsi universitari?
Sì, grazie alla collaborazione con l’Università degli Studi di Verona ed in particolare il Dipartimento di Economia Aziendale. Attualmente un detenuto è iscritto al corso di Laurea in Economia Aziendale: egli può così sostenere gli esami regolarmente come uno studente non frequentante nelle date stabilite dal calendario accademico.
Perdoni la malizia: le tasse universitarie sono a carico della collettività?
Non vi è nessun costo ulteriore, perché il detenuto che attualmente è iscritto al secondo anno del corso di Laurea in Economia Aziendale sostiene autonomamente e completamente le proprie spese universitarie grazie alla borsa di studio ottenuta per meriti scolastici.
Un progetto completo e strutturato però non conosciuto all’esterno del mondo carcerario. Eppure cosa vi può essere di più funzionale ed efficace alla rieducazione del condannato se non proprio questo progetto? Come renderlo conoscibile all’opinione pubblica anche nell’ottica di divulgazione della funzione rieducativa della pena?
Per far sì che progetti come questo abbiano un dominio pubblico tra le tante iniziative è prevista la partecipazione al progetto “A scuola di libertà” della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, proposto a tutte le scuole d’Italia il 15 novembre di ogni anno. L’obiettivo è proprio quello di sensibilizzare sul problema carcere e promuovere l’educazione alla legalità. E gli studenti delle scuole non possono che essere i primi destinatari della promozione di queste e di altre simili attività, per comunicare in primis alle nuove generazioni l’importanza del diritto allo studio per tutti i cittadini ed il valore della funzione rieducativa della pena attraverso l’istruzione.