Piange il telefono

Ma quanti telefoni ci saranno, imboscati nelle celle di Montorio, se solo negli ultimi giorni le perquisizioni ne hanno scoperti otto?

Il primo pensiero corre ovviamente al pericolo: col telefono si scambiano messaggi e ordini criminali. Il secondo pensiero suggerisce però anche un’altra riflessione. La persona, ci insegnano e lo verifichiamo continuamente, è relazione; anzi la relazione esiste ancora prima della persona. E i rapporti con la famiglia e gli altri affetti sono per tutti la più importante delle relazioni. Dove non c’è la presenza diretta, se vogliamo ascoltare la voce c’è quella specie di protesi che è diventato il telefonino; per scambiare messaggi quasi con la stessa immediatezza c’è internet.

Immaginiamo che improvvisamente tutto questo ci venga tolto: niente presenza, niente telefono, niente internet. Ci troveremmo in una condizione di deprivazione affettiva, in una sofferenza che colpisce sia noi, sia le persone con le quali abbiamo reciproci legami. Come vivremmo ogni settimana col totale di un’ora di colloquio e/o dieci minuti di una telefonata?

Allora la domanda è: quanta parte di questa sofferenza è inevitabile, connaturata alla privazione della libertà, cioè alla sanzione penale o alla misura cautelare che il nostro ordinamento prevede, e quanta invece è inutile ferocia, fattore di patologia, ostacolo nel percorso di risocializzazione che lo stesso ordinamento stabilisce come sua finalità?

Guardiamo come sono regolati, nelle carceri di altri paesi, l’uso del computer, le telefonate, i colloqui, gli incontri intimi con i familiari. E pensiamo ai nostri proclami sulla centralità, il sostegno, la difesa della famiglia. Qualcosa può essere cambiato. E’ quanto sostengono la campagna promossa da Ristretti Orizzonti (http://www.ristretti.it/commenti/2014/settembre/affetti/index.htm) e il disegno di legge presentato in Senato lo scorso 31 luglio.

Questi telefonini introdotti abusivamente, forse dagli stessi familiari, rappresentano certo una deprecabile infrazione, ma ci dicono anche di un bisogno umano insopprimibile, una sollecitazione ad affrontare il problema non dal punto di vista che il detenuto deve stare male e ben gli sta, ma da quella di un intervento penale che educa al rispetto, al riconoscimento dei diritti e della dignità di ogni persona.

5-10-14 – L’Arena: “Sequestrati 8 cellulari nelle celle dei detenuti”