Nel ristorante “InGalera” del carcere di Bollate dove il menù parla di speranza e inclusione

Maria buongiorno, sono la responsabile della Cooperativa sociale «Abc» la Sapienza in tavola e da 15 anni gestisco con detenuti in esecuzione di pena nel carcere di Bollate un catering per la società esterna e dal 2015 il Ristorante «InGalera», primo in Italia dentro una Casa di Reclusione aperto al pubblico. Ieri sera tra gli ospiti una coppia che ci ha scelto per festeggiare il suo 25° anno di matrimonio; fin qui nulla di eccezionale se non fosse che «Lui», ha lavorato con noi per 5 anni durante l’esecuzione di pena. Difficile sintetizzare in poche righe i percorsi della famiglia che è «fuori» e di chi è «dentro»; per rispetto all’anonimato chiamerò lui Valentino e lei Valentina. Valentino ha passato molti anni in diverse carceri, recidivando più volte e Valentina stanca di questa vita nell’illegalità decise di prendere le distanze da lui. Due figlie cresciute con fatica e con estrema dignità e coraggio, peraltro sempre molto amate da Valentino con cui comunque hanno mantenuto il rapporto attraverso i colloqui.

Arrivato al Carcere di Bollate, dopo anni di botte date e prese, Valentino decide che questa potrebbe essere l’occasione per farla finita con la cocaina e le rapine, aiutato dalla sua forza di volontà, dagli operatori e specialisti e dalla possibilità di lavoro vero con la coop «Abc». Impara a cucinare per grossi numeri, impara a preparare la pasticceria e, nel momento in cui il Magistrato di Sorveglianza lo autorizza al lavoro esterno, esce con la cooperativa per allestire catering, grossi numeri da ristorare ad alto profilo in sale convegno, ville castelli ed ogni mese, mandare a casa lo stipendio. La voglia di dimostrare che questa volta sarà per sempre, la fatica di acquisire la cultura del lavoro («…Signora Silvia, con lei è come fare il 41bis…»). Questo il prezzo ma il premio del grande impegno è tornare alla vita, fuori dalla prigione, accolto dalla famiglia.. E io condivido con ognuno di loro la sfida , la speranza, la trepidazione perché la società punisce «per sempre» chi è stato in carcere. Ecco allora la funzione di «InGalera», l’impegno in serate «Ristorante cultura». Il 20 giugno, organizziamo la presentazione del libro «Mariti», 27 storie di donne scritte da 27 donne , per raccontare il carcere, per parlare di inclusione sociale. Per dimostrare alla Società che si può fare, che noi ci proviamo. Condivido con te ancora la dolcezza della cena da noi di Valentino e Valentina: abbiamo voluto premiarli con un bouquet di fiori. Valentina, donna della resistenza nell’amore,madre coraggio. Valentino, forte nelle promesse, esempio per i compagni. Mi piace ricordare, quale stimolo a continuare, che a Bollate la recidiva scende sotto il 17% quando in Italia è il 70%. Noi ci proviamo. 
SILVIA

Cara Silvia quei numeri che metti alla fine della tua lettera sono la dimostrazione di come la vera strada per combattere la delinquenza passi per l’inclusione, la formazione, il lavoro, non certo per un paese far west dove la gente si fa giustizia da sola o dove si ama ripetere «chiuderli in gabbia e buttare la chiave». Se il carcere di Bollate ha solo il 17 per cento di recidive contro il 70 per cento nazionale significa che qui viene applicato il dettato costituzionale che perla di una pena rieducativa e non solo punitiva.

Il 20 giugno nel carcere di Bollate al ristorante «InGalera», il «tuo», si confronteranno ancora una volta due mondi, quello «dentro» e il fuori, una serata con cena e presentazione di un libro per aiutare il tuo progetto, ma anche per aiutare tutti noi a capire, a trovare la strada se non del perdono, se non della comprensione, almeno della razionalità e dell’umanità. Io ci sarò e spero saremo in tanti. Chi volesse prenotare lo può fare mandando una mail a ristoranteingalerabollate@gmail.com.

Vedere con i propri occhi, ascoltare le storie virtuose che nascono dal «male» può aiutare tutti noi a cambiare atteggiamento verso un tema così importante. Mettere un uomo in cattività per punirlo e umiliarlo senza dargli possibilità di rinascita equivale a distruggerlo ma soprattutto a peggiorarlo. La storia dei tuoi Valentino e Valentina e del loro amore ci insegna invece che lasciare aperte le sbarre e la speranza può fare il miracolo. Regole, responsabilizzazione, educazione, dignità. È questa la ricetta che può aiutare chi ha sbagliato a non farlo di nuovo.