Pubblichiamo con molto piacere la lettera che la redazione di “Ristretti Orizzonti” ha inviato a Papa Francesco.
Papa Francesco è molto sensibili ai temi degli ultimi, e tra questi ci sono i detenuti,
Caro Papa Francesco, vogliamo rivolgerti un pensiero e una richiesta accorata. Il pensiero è per la tua salute, che ci sta particolarmente a cuore, la richiesta è di non dimenticarti di noi detenuti, e delle nostre famiglie.
“Tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sono dunque chiamati oggi a lottare non solo per l’abolizione della pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà. E questo, io lo collego con l’ergastolo. […] L’ergastolo è una pena di morte nascosta”.
Partiamo da queste tue considerazioni, espresse nell’enciclica “Fratelli Tutti”, per denunciare le condizioni in cui noi carcerati ci ritroveremo fra pochi giorni. Dopo la chiusura delle porte delle carceri, a causa della pandemia, sia alle visite dei parenti, che a tutto il resto della “società civile”, dopo le rivolte avvenute principalmente per quelle restrizioni e per la paura di essere lasciati soli, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria aveva invitato tutti i Direttori degli istituti di pena a incrementare quanto più possibile i colloqui telefonici con i nostri famigliari. Così in molte carceri da allora abbiamo potuto effettuare una telefonata al giorno di dieci minuti.
Siamo andati avanti in questa maniera per circa tre anni. Inoltre, i colloqui in presenza sono stati sostituiti con la videochiamata, così da permetterci di mantenere i contatti con le nostre famiglie.
Prima della pandemia a noi carcerati era consentita una telefonata alla settimana – sempre di dieci minuti – e sei ore di colloquio visivo al mese. Se ci pensi bene, sei ore al mese fanno tre giorni all’anno, tre miseri giorni da dedicare alle nostre famiglie. A Padova però le telefonate erano due a settimana, grazie alla disponibilità dei direttori che si sono succeduti alla guida della Casa di Reclusione a usare la loro discrezionalità per autorizzare una telefonata in più a settimana, in considerazione della situazione di particolare difficoltà in cui si trovavano le persone detenute anche prima del Covid: basta pensare al sovraffollamento, alla mancanza di personale, ai suicidi, agli atti di autolesionismo.
Ora, pare che la cessata emergenza pandemia stia portando a una “normalizzazione” da parte dell’amministrazione, con il ritorno alla telefonata settimanale per larga parte delle persone detenute, rispetto a quello che dovrebbe essere riconosciuto come un diritto agli affetti della persona detenuta.
Per tre anni non si sono verificati problemi legati alla sicurezza, anzi, la telefonata giornaliera ha rasserenato gli animi e avvicinato le famiglie più che mai; inoltre non c’è stato nessun aggravio di spesa per l’amministrazione penitenziaria, perché le telefonate sono a carico delle persone detenute, come del resto sono sempre state anche quando erano una sola alla settimana. E su questo vorremmo aggiungere che sarebbe importante che si pensasse a sostenere le persone detenute più disagiate, per permettere anche a loro di chiamare spesso i loro cari. E quanto al personale, poco e affaticato dalle tensioni e da un clima di sfiducia e ansia, dalle telefonate in più per le persone detenute può solo guadagnare un po’ di serenità in un lavoro, certamente non facile.
Ci chiediamo per quale motivo si vuole far ripiombare nella solitudine e nella disperazione noi carcerati e le nostre famiglie. Sembra quasi una volontà di vendetta nei confronti di chi ha sbagliato, volontà di punire e punire e basta. Nonostante nelle prigioni italiane solo nell’anno 2022 si siano registrati 84 suicidi, in larga parte dovuti alla solitudine e all’abbandono, e alla mancanza di empatia da parte della società rispetto alla sofferenza di chi sta in carcere.
Ma tu Papa Francesco di empatia ne hai sempre dimostrata tanta, ecco perché scriviamo a te e chiediamo di farti avere questa lettera.
Di fronte alla drammatica EMERGENZA dei suicidi, auspichiamo che i direttori delle carceri, il DAP, la magistratura di Sorveglianza, la politica in generale, possano ragionare sull’opportunità di fronteggiare questa situazione incrementando, e non riducendo, le opportunità di riavvicinamento tra i carcerati e le proprie famiglie. Non ci sembra che questo implichi avere sconti o favori, anzi, sarebbe un’opportunità per chi amministra la Giustizia di mostrare un altro volto, quello inedito della tenerezza, “un modo inaspettato di fare giustizia”, come lo hai definito proprio tu, Papa Francesco.
Caro Papa Francesco, in occasione della prima Giornata di Studi dopo la pandemia, alla Casa di Reclusione Due Palazzi di Padova, il 19 maggio 2023, che porterà in carcere centinaia di cittadini a dialogare con molte persone detenute e con i loro famigliari, e si intitolerà proprio “La tenerezza e la Giustizia”, ti chiediamo di intervenire, se puoi, attraverso un collegamento in videoconferenza, per farci ascoltare le tue sagge parole e per farci sentire la tua vicinanza.
La tenerezza e la Giustizia
“La tenerezza è un modo inaspettato di fare giustizia”. (Papa Francesco).
19 maggio, Casa di reclusione di Padova