La disperazione è dopo, fuori

Lettera all’Arena di un ex detenuto. Ha scontato interamente la sua pena, è libero. Libero? Senza lavoro, senza casa, senza un soldo.

E adesso? E’ una condizione che conosciamo bene, anche al centro d’ascolto della Fraternità vengono a chiedere aiuto persone che fuori dal carcere non hanno trovato niente. Riescono a restare vivi perché ci sono le mense, i vestiti essenziali, a volte un letto provvisorio in una struttura, più spesso un rifugio per strada. Assolutamente nient’altro, non hanno neanche i soldi per la foto sui documenti o per cercare lavoro più lontano di dove si arriva a piedi. E ancora qualcuno chiede di fare volontariato. Perché peggio di tutto è sentirsi inutili, senza senso, anche se si riesce comunque a sopravvivere. E’ la dignità che sembra venir meno.

Abbiamo un bel parlare, tra noi, di ascolto, di sostegno morale, di autostima, di aiuto a conoscere ed usare le proprie risorse. Non è di questo che hanno bisogno, hanno bisogno di lavoro. Sarebbe il primo articolo della nostra Costituzione, il fondamento della nostra civiltà. Ma per un posto che il nostro volonteroso volontario sporadicamente trova, resta una moltitudine di disperati fuori dalla porta di qualunque impiego.

La lettera dell’ex detenuto dice in sostanza: parliamone. Possibile che un ente pubblico locale non trovi qualcosa da fare, fuori dal mercato concorrenziale e dallo scambio retributivo, ma dentro l’utilità sociale e un riconoscimento minimo, non gravoso finanziariamente ma ricco di ritorni efficaci: di ambiente, di promozione, di pulizia, di salute, di contrasto alla commissione di altri reati? Ci sono esempi  importanti, in questa direzione, da tante altre città. Raccogliamoli, valutiamoli, studiamone la riproducibilità e fattibilità. Quindi, ripetiamo con l’ex detenuto, parliamone.

5 ottobre 2012 – Lettera a L’Arena: “Un tavolo di confronto”