Alessandro Anderloni, attore e regista teatrale, ci racconta il suo progetto con i detenuti del carcere di Montorio.– Come nasce questo progetto?
È un’idea nata dalla direttrice del Carcere di Montorio, la dottoressa Maria Grazia Bregoli. Dopo avere assistito a un mio spettacolo messo in scena dagli studenti di una scuola veronese mi ha proposto di creare un gruppo teatrale all’interno del Carcere. Abbiamo chiesto sostegno alla Fondazione San Zeno che ha accolto il nostro progetto con entusiasmo e ha reso possibile questa esperienza che inizierà in questo mese di luglio con un gruppo di oltre venti detenuti e detenute delle diverse sezioni. Lavoriamo in una delle sale dedicate alle attività didattiche, artigianali e ricreative. Mi assisterà nel laboratorio la regista Isabella Dilavello e altri saranno i collaboratori della mia compagnia teatrale, Le Falìe, che si alterneranno nel corso del laboratorio e del lavoro di messa in scena dello spettacolo finale. – Qual’è la durata del laboratorio, quanti incontri sono previsti e con quale frequenza? Il progetto ha una durata annuale, con un incontro alla settimana, e sarà suddiviso in tre momenti. I primi mesi saranno dedicati al gioco del teatro. Coinvolgeremo i nostri attori e le nostre attrici con un percorso di giochi teatrali alla scoperta delle proprie capacità fisiche e vocali. Saranno loro i protagonisti. Ogni incontro si costruirà attraverso gli spunti e le sollecitazioni che verranno dai partecipanti. Servirà per creare gruppo, superare le inibizioni, fare tesoro delle improvvisazioni e delle esperienza per metterle poi a frutto sul palcoscenico. Tenteremo di scoprire e di valorizzare i talenti che, siamo certi, ci stupiranno. Passeremo poi alla ricerca di un soggetto teatrale. Partiamo senza un testo da rappresentare. Il testo nascerà nel corso del laboratorio, con il contributo di tutti e la sintesi che noi faremo. La storia che racconteremo nello spettacolo di fine corso sarà la più autentica possibile. Nascerà “dentro” – mi si passi il gioco di parole – e non sarà, per una volta tanto, qualcosa che viene portato in Carcere da fuori. Da qui partirà la fase della costruzione dei personaggi e poi delle scene. Infine le prove vere e proprie che si snoderanno a mano a mano che arriverà il testo. In questa fase vorremmo coinvolgere i reparti di falegnameria e di sartoria del carcere per la costruzione delle scenografie. E sarà una ulteriore possibilità di mettere a disposizione del teatro i talenti e le capacità di ognuno. Poi lo spettacolo verrà messo in scena, nella primavera del 2015, all’interno del Carcere, invitando i detenuti come spettatori ma invitando anche un pubblico esterno a entrare per assistere allo spettacolo. Ma il nostro sogno è quello di poterlo portare anche “fuori”, in un teatro cittadino. Chissà se sarà possibile farlo.
– Quali sono le sue aspettative su questo progetto e quali benefici porterà ai detenuti secondo lei? Mi aspetto di incontrare persone, di condividere con loro un percorso di conoscenza reciproca, di raccogliere storie, di tradurre sul palcoscenico qualcosa di importante per loro e per noi. Mi aspetto di commuovere, di divertire, di far pensare, di provocare: è questo il ruolo del teatro. Come nell’ultima scena dello splendido Cesare deve morire dei fratelli Taviani, mi aspetto che qualcuno dei nostri partecipanti inizi da quel giorno a sentire quel luogo come una prigione per il desiderio di uscire di lì e di continuare a fare teatro.
– Come si sente all’idea di lavorare con queste persone? So che sarà un gruppo multietnico, e questo mi riempie di gioia. Mescoleremo colori e lingue, culture e percorsi di vita. Sarà un gruppo di età diverse, dai diciannove ai cinquant’anni, e anche questo sarà un arricchimento. Lavoreranno insieme detenuti e detenute, e questo è un bel gesto di coraggio della direzione del carcere. Ci metteremo in ascolto di una realtà che ancora non conosciamo. Impareremo le modalità di vita all’interno di un carcere. Ci aiuteranno gli educatori, gli assistenti sociali, gli agenti di polizia penitenziaria la cui esperienza sarà preziosa per il nostro lavoro. A tutta la grande famiglia del Carcere di Montorio va fin d’ora il nostro ringraziamento. Sarà bello giocare insieme al teatro. 10-4-14 – L’Arena: “Quando il teatro porta libertà dietro le sbarre” A distanza di 5 mesi, questo “gioco del teatro” ha portato alla rappresentazione di uno spettacolo molto apprezzato da tutti i fortunati che hanno potuto assistervi. Lo racconta anche L’Arena del 15-12-14: “Uno spettacolo ‘libera’ i detenuti” e Verona fedele del 21-12-14: “Speranze e ricordi: l’attesa del Natale in carcere si fa teatro” E un altro spettacolo 7 mesi più tardi, a conclusione di un laboratorio. 6-7-15 – L’Arena: “Detenuti sulla nave della vita” 12-7-15 – Verona fedele: “Dietro le sbarre soffia il vento del teatro della vita”
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