Il taser nelle carceri? Idea da paura

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Crediamo e siamo veramente convinti che gli agenti siano professionalmente preparati, ma………
Ecco un bel pezzo
di Piero Colaprico

La Repubblica, 4 settembre 2018

Da “non professionisti” della sicurezza non ci va d’intervenire sulle questioni che riguardano l’autodifesa delle forze di polizia. Sapranno loro. Ma abbiamo memoria e antiche letture, questo sì, lo possiamo rivendicare. E allora l’idea del sindacato degli agenti di Polizia penitenziaria, che dentro il “Beccaria” chiedono di usare il Taser, la pistola elettrica, ci sembra molto, molto rischiosa.

Come mai dentro San Vittore non c’è un’arma da decenni? Diciamo da sempre? Perché c’è sempre o un agente corrotto, o un agente distratto, o un agente che sbaglia a fidarsi. O no? Quindi introdurre armi (o telefoninì) nelle carceri, equivale a dare ai detenuti minorenni una possibilità, forse una tentazione di scappare, di vendicarsi, di ribellarsi.

In un luogo chiuso, com’è un corridoio, o una cella, non si può arretrare e “sparare”: non esiste una via per farcela senza danni quando scatta la “colluttazione”. Se i nuovi ministri sono favorevoli al Taser, noi – e siamo sinceri – non vorremmo un giorno scrivere: l’avevamo scritto che era follia.