Chi siamo

Ho scoperto il carcere leggendo per caso Famiglia Cristiana: era il 1963 e vi trovai la notizia che un giovane ventenne era stato condannato all’ergastolo.

Al tempo ero anch’io un ventenne: la notizia mi colpì e contribuì alla mia scelta di diventare frate.

Fra Beppe Prioli nasce a Bonaldo di Zimella nel 1943.

Nel 1968 alcuni reclusi di Porto Azzurro consigliano a Fra Beppe di cercare volontari che lo possano supportare nel suo operato. Nasce così l’associazione La Fraternità.

Mi sono presto accorto che da soli non si può andare avanti nel pianeta carcere; bisogna essere aiutati e sostenuti, l’unione fa la forza e si riesce così ad essere più incisivi sia all’interno, con l’ascolto e l’aiuto pratico, sia all’esterno per portare avanti una complicata ma inevitabile sensibilizzazione sui temi della giustizia e del carcere.

La nostra Associazione, di ispirazione cristiana e francescana ma aperta a chiunque ne condivida le finalità, si è costituita a Verona per il sostegno morale ai detenuti ed alle loro famiglie, per accompagnare i percorsi di recupero e riparazione, per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sul significato della pena e sui problemi del carcere.

L’esperienza maturata durante il nostro cammino, ci ha portato a collaborare positivamente con gli operatori penitenziari, con gli enti pubblici e con altre associazioni locali, regionali e nazionali operanti nel settore penitenziario e del disagio.

Più in generale, i volontari si propongono di essere ponte tra detenuto e società civile (famiglie, parrocchie, comuni, enti e servizi del territorio, ecc.) per alleviare le sofferenze inutili e facilitare il rientro nella comunità di appartenenza, sapendo che il recupero ha anche effetto di prevenzione.

La Fraternità opera affinché le pene detentive in carcere siano previste ed applicate nei soli casi di reale necessità, perché si ricorra ad altre sanzioni più efficaci, perché comunque la pena assolva al suo compito costituzionale di educare alla responsabilità, alla riparazione e al recupero sociale di chi ha commesso reati, perché siano il dialogo ed il rispetto della dignità di ogni persona la misura del nostro benessere e della nostra civiltà.