Violenze in carcere Santa Maria Capua
Prima di tutto dobbiamo aspettare l’eventuale processo, poi sappiamo che la grande maggioranza degli agenti, lavora molto bene e con grande umanità.
Non bisogna sicuramente generalizzare, perché anche se fossero accertate in fase processuale, quelle violenze, si tratta solo di alcune persone rispetto alla maggioranza degli agenti che come detto sopra mostra rispetto e grande umanità.
Interdetto il provveditore delle carceri della Campania. Gli scontri il 6 aprile del 2020 a seguito di una protesta dei detenuti innescata dalla notizia di un caso di positività al Covid-19 tra le mura dell’istituto casertano
Svolta nell’inchiesta sul caso delle presunte violenze nei confronti dei detenuti avvenute il 6 aprile del 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, nel Casertano. I carabinieri hanno eseguito 52 misure cautelari, emesse dal gip su richiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere, nei confronti di appartenenti al corpo della polizia penitenziaria coinvolti negli scontri che avvennero in pieno lockdown all’interno della struttura. Una misura interdittiva è stata notificata al provveditore delle carceri della Campania Antonio Fullone. Arresti domiciliari per Gaetano Manganelli, ex comandante dell’istituto penitenziario casertano, adesso nel carcere di Napoli-Secondigliano, e per Pasquale Colucci, comandante del nucleo traduzioni e piantonamenti. Queste le misure cautelari eseguite, secondo i dati forniti dal Sappe: 8 le custodie cautelari in carcere, 16 i ristretti agli arresti domiciliari, 2 gli obblighi di dimora e 14 le misure interdittive.
Gli scontri
Gli scontri e i presunti pestaggi avvennero a seguito di una protesta innescata da centinaia di carcerati dopo la notizia di un caso di positività al Covid-19 tra le mura dell’istituto casertano. La notizia, alimentata dal malumore per l’interruzione dei colloqui dovuta alle restrizioni anti contagio, generò la reazione di almeno 150 detenuti che si barricarono in cella e poi diedero vita ad azioni di protesta, che successivamente, a seguito delle perquisizioni attuate in cella, degenerarono in scontri con gli agenti.
Le denunce
Il garante dei detenuti di Napoli e l’associazione Antigone denunciarono in Procura violenti pestaggi e presentarono file audio e foto di un uomo in cella con i segni di presunte manganellate. Tra gli atti presentati dal garante in Procura anche una telefonata tra un detenuto e un componente della sua famiglia. Nel corso del colloquio, la parente cerca di ottenere quante più informazioni possibili dall’uomo sui presunti pestaggi. Oggi Antigone, con il presidente Patrizio Gonnella dichiara: «È fondamentale si faccia piena luce e chiarezza su quanto avvenne nel carcere di Santa Maria Capua Vetere lo scorso 6 aprile 2020. Antigone, nei giorni immediatamente successivi, ricevette diverse lettere e telefonate da detenuti e famigliari dove si denunciava quello che, dal racconto, sembrò essere una vera e propria rappresaglia contro i detenuti che avevano partecipato alle proteste – ormai spente – nei giorni precedenti. Proprio in base a quelle testimonianze – prosegue – presentammo un esposto alla Procura contro gli agenti di polizia penitenziaria per ipotesi di tortura e percosse e contro i medici per ipotesi di omissione di referto, falso e favoreggiamento. Da questo esposto presero il via le indagini. Noi crediamo nella giustizia – conclude Gonnella – e rispettiamo il principio di presunzione di innocenza. Pertanto ci affidiamo alla magistratura».
I sindacati degli agenti: provvedimenti abnormi
Il Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, esprime «sorpresa ed amarezza» alla notizia delle misure cautelari: «A noi sembrano provvedimenti abnormi- dichiara il segretario generale Donato Capece- considerato che dopo un anno di indagini mancano i presupposti per tali provvedimenti, ossia l’inquinamento delle prove, la reiterazione del reato ed il pericolo di fuga». Sulla stessa linea il SPP (Sindacato Polizia Penitenziaria): «Cosa sarebbe successo se il personale di Polizia Penitenziaria non avesse fronteggiato, mettendo in pericolo la propria incolumità, le rivolte dei detenuti? E cosa accadrà adesso in questo e in tutti gli altri istituti penitenziari italiani se passa la linea di delegittimazione del personale penitenziario?», afferma il segretario generale Aldo Di Giacomo. «Sgomento» viene espresso anche da Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria: «Continuiamo a nutrire incondizionata fiducia nella magistratura e, più in generale, negli organi inquirenti, nonostante la spettacolarizzazione che abbiamo denunciato durante la prima fase delle indagini, ma nutriamo altrettanta fiducia nella generalità degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, al di là di possibili casi isolati di eccesso o, addirittura di agenti infedeli, che vanno individuati, isolati e perseguiti. Tuttavia, se le proporzioni fossero davvero quelle che sembrano emergere, quanto accaduto confermerebbe che il sistema complessivo non funziona, che l’esecuzione carceraria va reingegnerizzata e che l’Amministrazione penitenziaria va rifondata», conclude.
La visita di Salvini
I fatti fecero molto rumore e qualcuno li paragonò addirittura alle violenze che avvennero alla caserma Diaz durante il G8 a Genova. Gli indagati, inizialmente, furono 44. La notifica degli avvisi di garanzia agli agenti della Polizia Penitenziaria, avvenuta l’11 giugno 2020, da parte dei carabinieri, provocò vibranti polemiche per la modalità d’esecuzione: alcuni poliziotti salirono sui tetti dell’istituto penitenziario per protestare. In quell’occasione il leader della Lega Matteo Salvini, si recò nella struttura di Santa Maria Capua Vetere per portare la sua solidarietà alla polizia penitenziaria: «Non si possono indagare e perquisire come criminali i servitori dello Stato», disse. La notizia degli avvisi di garanzia ai poliziotti fu festeggiata con fuochi d’artificio fuori dalle mura del carcere, sparati forse da familiari dei detenuti.