Di Luca Fraioli
La Repubblica, 26 ottobre 2018
Giuseppe aveva smesso di parlare. Con i compagni di cella, con i gli agenti, persino con i familiari durante i colloqui in carcere. Poi la moglie ha notato il cambiamento: più loquace e allegro, nonostante la lunga pena ancora da scontare. Finché un giorno si è sentita dire: “La prossima volta non venire in questo orario, ho da fare con i cavalli”.
E ha capito. Una scuderia, un campo dove montare e tre cavalli da accudire: all’interno del carcere di Verona da qualche tempo c’è un piccolo angolo di libertà. “Non è una attività ludica per detenuti – precisa Mariagrazia Bregoli, direttrice della casa circondariale della città veneta – i cavalli sono terapeutici. Grazie a loro abbiamo recuperato uomini che non si prendevano cura nemmeno di se stessi. E invece hanno riscoperto il piacere di dedicarsi agli altri. Se poi riusciamo anche a reinserirli nel mondo del lavoro”.
Perché chi partecipa al progetto segue un corso di sette mesi, riconosciuto dalla Regione Veneto, da “tecnico di scuderia”. E una volta scontata la pena può usare questo titolo per cercare un’occupazione. Nato in sordina cinque anni fa, per il progetto veronese dei cavalli in carcere è tempo di bilanci. Tutti in positivo. Decine di detenuti che, grazie all’equitazione, hanno potuto rimettere piede fuori dal carcere.
Come quelli che da ieri a domenica saranno impegnati nella 120esima edizione di Fieracavalli, la più grande manifestazione equestre d’Italia. Apripista è stato il carcere di Bollate a Milano, primo in Italia a ospitare una scuderia. Poi è stata la volta di Verona. Fondamentale il contributo di Fieracavalli che ha aiutato a realizzare stalle e recinti.
“E l’Istituto zooprofilattico veneto ci ha fornito Joy, Kiri e Ramon, cavalli che erano stati sequestrati”, aggiunge la direttrice. A tenere i corsi di tecnico di scuderia provvede l’associazione Horse Valley, guidata da Paolo Fabrello. Una figlia disabile, si è avvicinato venti anni fa all’ippoterapia, o meglio agli “interventi assistiti con gli animali”: “Poi ho capito che la libertà che i cavalli portano con loro poteva essere un ottimo antidoto anche per la reclusione”. Funziona? “Eccome. Ho visto detenuti piangere di gioia solo per il fatto di aver rimesso i piedi sull’erba dopo anni trascorsi a camminare sul cemento”.
Nei sei mesi di corso in carcere, ai detenuti selezionati per il programma viene anche insegnato a montare in sella (“Non dobbiamo formare dei cavalieri, ma è bene che sappiano farlo”) e a praticare yoga: “Così imparano a tenere sotto controllo le emozioni – spiega ancora Fabrello – molti di loro sono in cella proprio per non averlo saputo fare. Invece è fondamentale, sia per condurre un cavallo che per rientrare in contatto con il mondo esterno. Immagini cosa può voler dire passare dalla propria cella alle decine di migliaia di visitatori di Fieracavalli”.
E allora può capitare di assistere a uno spettacolo singolare, per un penitenziario: una decina di uomini in silenzio, seduti sul prato nella posizione del fiore di loto, e poco più in là i loro compagni di disavventura che portano al pascolo Joy, Kiri e Ramon. Dopo sei mesi, hanno una chance in più per l’ultimo periodo di formazione: uscire dal carcere alle sette del mattino e passare, senza la sorveglianza della Polizia penitenziaria, tutta la giornata a Corte Molon, una villa del Cinquecento donata al Comune di Verona perché ne facesse sede di attività sociali.
Horse Valley l’ha trasformata in un centro equestre specializzato in interventi assistiti con gli animali. Mai avuto problemi? “Mai. Può capitare il detenuto che partecipa solo per fumare dieci sigarette in più. Lo capiamo subito e lo rispediamo indietro”, risponde Fabrello.
“Nessun problema di sicurezza – conferma la direttrice Bregoli – operiamo una selezione rigorosa, in modo che al programma partecipino solo persone che ci danno garanzie da questo punto di vista. Tra le centinaia di detenuti ne scegliamo una decina per ogni corso, e non in base al tipo di reato commesso o alla pena da scontare: valutiamo il comportamento e la voglia di riscatto”. E Fabrello precisa: “È vero, tra gli allievi più meritevoli ci sono anche ergastolani e condannati a 25 anni. Ma grazie ai cavalli hanno un’occasione per uscire. Domattina alle sette ne prendo cinque e li porto in Fiera”.