La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia a fianco dei Garanti territoriali per aprire un dialogo con le direzioni, che apra la fase 2/fase 3 nelle carceri
Riaprire al Volontariato significa riportare in carcere la funzione costituzionale della pena
Ogni giorno entrano nelle carceri migliaia di agenti e di altri operatori penitenziari, di sanitari, operatori esterni delle cooperative, non c’è motivo perché ora non riprendano a entrare, con le dovute precauzioni, anche i volontari.
È urgente reintrodurre una “vita sociale” nelle carceri riportando al loro interno il Volontariato, che si impegna nei percorsi rieducativi, previsti dalla Costituzione. Si tratta semplicemente di assicurare delle corrette procedure di accesso al carcere a tutela dei volontari stessi, degli operatori e dei detenuti, tra cui l’utilizzo dei dispositivi individuali di protezione (mascherina, guanti e gel), e la rimodulazione degli orari e degli spazi.
Noi volontari chiediamo di rientrare con le stesse modalità con cui, all’interno del carcere, hanno continuato a lavorare anche nella Fase 1 le cooperative sociali.
Le tecnologie sono “entrate” per il virus, ora devono restare, per gli affetti ma anche per i percorsi rieducativi/risocializzanti
La cosa più drammatica che potrebbe succedere nella fase 2 è che le tecnologie, entrate finalmente in carcere, ne escano appena si tornerà a un po’ di normalità ripristinando i colloqui visivi.
Le tecnologie DEVONO restare in carcere:
- Per gli affetti
- Per le attività rieducative/risocializzanti
Il Volontariato sta chiedendo ovunque l’utilizzo di piattaforme come Zoom e Meet, che cominciano a essere usate in qualche carcere (per esempio a Bergamo per la redazione, a Rebibbia e Modena per il teatro), facciamo in modo che diventi generalizzata questa pratica, e che sia monitorato l’impegno di ogni carcere a garantire l’uso delle tecnologie, eventualmente con risorse della Cassa Ammende. Le persone detenute non possono restare dei “senzatetto digitali”, se non vogliamo che il reinserimento diventi ogni giorno più difficile in una società, che le tecnologie le dovrà mettere sempre più al centro della sua vita.
Un’informazione che disinforma
Il Volontariato si impegna a essere molto più attivo nell’informazione, creando momenti di formazione, anche in remoto (e l’Ordine dei Giornalisti deve adeguarsi a questa nuova modalità), per i giornalisti, che poco conoscono la realtà dell’esecuzione penale e molti danni possono fare anche solo tacendo dati e cancellando pezzi di notizie significativi. Pensiamo, in proposito, di accelerare l’organizzazione del Terzo Festival della comunicazione sulle pene e sul carcere.
Vogliamo contribuire con la nostra competenza a informare e sensibilizzare le persone “dentro” e la società “fuori”, bombardata da una informazione, spesso superficiale e imprecisa, e vogliamo valorizzare le esperienze di redazioni nate all’interno delle carceri, anche qui chiedendo che l’uso di Internet non sia più un tabù.
Insieme, a fianco dei Garanti
Nelle prossime settimane le Conferenze regionali Volontariato Giustizia si riuniranno con i Garanti territoriali perché è adesso che c’è bisogno che la società civile torni a essere presente capillarmente nelle carceri e nell’area penale esterna: questa deve essere non un’occasione per pensare di “fare da soli”, ma un’opportunità per lavorare fianco a fianco, ognuno valorizzando la sua specificità. Vogliamo tornare a portare nelle carceri le nostre idee, le nostre risorse, la nostra capacità innovativa.
Misure per un rientro in sicurezza degli operatori volontari nelle carceri (sono le misure che regolano il lavoro delle cooperativeche hanno continuato a operare in carcere anche nella Fase 1)
- uso di mascherine per tutti (meglio mascherine lavabili, che non inquinano. In teoria non sono obbligatorie se tra persona e persona c’è almeno un metro di distanza, ma è preferibile renderle obbligatorie);
- uso di guanti, o gel igienizzante per uso personale dove non si riesca a fare attività indossando i guanti;
- presenza di dispenser con gel nei luoghi dove si svolgono le attività;
- igienizzazione frequente dei tavoli, delle maniglie etc, di tutte le superfici/oggetti di uso comune;
- dispenser collettivo a disposizione e responsabilizzazione per pulizie a una persona detenuta, gel per tutti gli oggetti, comprese chiavette o registratore o altro;
- misurazione della temperatura con lo scanner termico ogni inizio attività alle persone detenute, mentre per i volontari c’è la stessa cosa fuori con il triage/dichiarazione comunque che ci si misura la temperatura a casa per chi entra in orari in cui non c’è il triage;
- distanza di metri 1,5 tra persona e persona (sempre), con segnaposto sul tavolo o sulle sedie. È fondamentale garantire la distanza tra operatore volontario e persone detenute;
- comunicazione alle persone detenute, scritta e sottoscritta da loro, di queste misure
Rimodulare le attività: spazi, presenza di volontari
All’Amministrazione chiediamo di rivedere l’uso degli spazi, potenziando in questa fase l’utilizzo delle aree verdi e delle aule scolastiche, che in estate sono state quasi sempre inutilizzate anche in passato. Non è più pensabile che l’estate aggiunga deserto al deserto delle carceri nella pandemia, è fondamentale che a partire dalla prossima estate il Volontariato e la scuola non subiscano riduzioni di orari, di attività e colloqui in presenza e da remoto. Una buona organizzazione degli incontri e dell’uso di tecnologie non dovrebbe comportare maggiori oneri per la Polizia penitenziaria.
Anche per palestre, auditorium, teatri interni andrebbe programmato dove possibile un utilizzo per i percorsi rieducativi/risocializzanti, organizzati dal Volontariato.
Le associazioni a loro volta potrebbero rimodulare la presenza dei loro operatori adattandola agli spazi disponibili e al numero di detenuti coinvolti, ribadendo comunque che il distanziamento fondamentale è quello tra operatori che vengono dall’esterno e persone detenute.
Questa rimodulazione vogliamo condividerla con i Garanti territoriali, che hanno anche un importante ruolo di “mediazione” tra l’amministrazione penitenziaria e quella società civile, che entra in carcere con gli art. 17 e 78 e si occupa proprio di quei percorsi, che devono accompagnare le persone detenute dalla detenzione al rientro nella società.