“L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva“, afferma l’art. 27 della Costituzione. Ed è facendosi scudo di questo principio che alcuni partiti politici, consigli d’amministrazione, lo stesso Parlamento e i Consigli degli Enti locali si tengono stretti al loro interno persone indagate, imputate, magari già condannate ai primi gradi, magari gravate da pesanti sospetti di averla combinata grossa, ma sempre intoccabili presunti innocenti. E guai parlare di opportunità, di deontologia, di etica. Vediamo privilegiati accorrere solidali a difesa di altri privilegiati.
Il principio non vale più quando usciamo dai piani alti ed entriamo in un campo nomadi. Qui basta l’arresto o un primo grado di condanna per essere privati della residenza e cacciati via. L’ha deciso a maggioranza il Consiglio comunale, con riferimento al campo nomadi di Forte Azzano. Un provvedimento che susciterebbe entusiasmo se si potesse applicare anche alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica.
In precedenza, nella stessa seduta del Consiglio, la Garante dei diritti dei detenuti aveva riferito sulle attività in carcere e le iniziative per il reinserimento delle persone scarcerate.
15 marzo 2013 – L’Arena: “Forte Azzano, scontro in aula sulle regole al campo nomadi”