Quando le notizie false veicolate ad arte per raggiungere alcuni obiettivi politici-elettorali sono messe al confronto con la realtà, che non appare sui media.
di Gabriele Arosio
I numeri non fanno la storia ma aiutano a leggerla. Non c’è nessuna correlazione tra i flussi di migranti in vario modo e vario titolo in arrivo in Italia e i flussi di migranti che vanno in carcere.
A partire dal 2003 ad oggi il numero di stranieri residenti in Italia è più che triplicato (siamo passati da 1.464.663 a 5.047028). Il numero di stranieri residenti in carcere si è ridotto in percentuale di quasi un terzo (da 17.007 nel 2003, a 19.811 nel 2018). Se nel 2003 su ogni cento stranieri residenti in media 1,16 finiva in carcere, oggi la quota è di 0,39. Un dato straordinario in termini di sicurezza collettiva e che smentisce ogni allarmismo sul tema.
Dal 2008 al 2018 gli stranieri in carcere sono addirittura diminuiti (da 21.562 a 19.811) mentre quelli residenti sono aumentati di due milioni. Includere e offrire opportunità su tempi medio lunghi paga e garantisce sicurezza. La regolarità del soggiorno e dello status legato alla presenza in Italia è assai funzionale alla sicurezza, alla riduzione dei crimini e alla diminuzione del rischio di devianza. Una regolarizzazione generalizzata degli attuali irregolari determinerebbe tra gli stranieri un’ulteriore riduzione del rischio di devianza. La presenza di detenuti nelle carceri non è uniforme nelle prigioni italiane. Vi sono regioni con incidenza sulla presenza carceraria molto elevata e regioni in cui è particolarmente bassa.
L’alta incidenza di stranieri è dovuta alla presenza di detenuti in stato di custodia cautelare, una misura adottata con molta più frequenza per gli immigrati (tra i detenuti in attesa di primo giudizio gli stranieri costituiscono in media ben il 37% del totale) mentre man mano che ci si avvicina alla condanna, diminuisce l’incidenza della componente non italiana (gli stranieri diventano il 31,4%).
Gli stranieri usufruiscono molto meno delle soluzioni alternative al carcere a causa delle loro minori risorse economiche, linguistiche, legali e sociali. Gli stranieri incidono per il 38,9% tra i detenuti per violazione della legge sugli stupefacenti. È evidente che un provvedimento concreto e pragmatico di depenalizzazione e/o legalizzazione delle droghe, a partire da quelle leggere, ridurrebbe di molto la presenza degli stranieri in carceri.
Per sognare un diritto penale che non si asservì mai alle idee xenofobe conviene rileggere papa Francesco: “Negli ultimi decenni si è diffusa la convinzione che attraverso la pena pubblica si possano risolvere i più disparati problemi sociali, come se per le più diverse malattie ci venisse raccomandata la medesima medicina…Non si cercano soltanto capri espiatori che paghino con la loro libertà e con la loro vita per tutti i mali sociali, come era tipico nelle società primitive, ma oltre a ciò talvolta c’è la tendenza a costruire deliberatamente dei nemici: figure stereotipate, che concentrano in se stesse tutte le caratteristiche che la società percepisce o interpreta come minacciose. I meccanismi di formazione di queste immagini sono i medesimi che, a suo tempo, permisero l’espansione delle idee razziste”. Nel 2019 siamo a questo punto?
Dati e percentuali sono ricavati da Centro studi e ricerche Idos in partenariato con il Centro Studi Confronti, Dossier Statistico 2018 (progetto sostenuto con i fondi otto per mille della chiesa valdese).