“Perché mio figlio cresca nella legalità” è il titolo dato all’incontro di giovedì 19 maggio, promosso dall’VIII circoscrizione nella sala polifunzionale dell’ospedale di Marzana, fra il giudice Pier Camillo Davigo, noto soprattutto per i processi di “Mani pulite”, e genitori e insegnanti delle scuole della Valpantena.
“Che cosa posso fare perché mio figlio cresca nella legalità?” Alla domanda che tormenta molti genitori
il giudice Davigo risponde partendo dal vissuto quotidiano delle scuole e delle famiglie. Provocatoriamente giudica responsabili di una educazione ‘mafiosa’ certe pratiche, apparentemente innocue, della scuola, come la complicità fra docenti e studenti, la tolleranza verso chi copia, la prevalenza del modello familiare iperprotettivo….
La scuola deve educare alla legalità con un rigore che non può ammettere deroghe, considerato che un ragazzo passa la maggior parte della sua giornata a scuola oppure, a casa, davanti alla televisione o al computer più che in famiglia.
Diventa così molto difficile difendersi dai cattivi esempi oggi dilaganti, o da falsità diffuse con arroganza.
Qualche esempio: un frequente motivo di indignazione da parte di chi è indagato è la cosiddetta ‘grave violazione del segreto istruttorio’: non si considera che il ‘segreto istruttorio’ in Italia non esiste più da vent’anni, e che chi è accusato di un reato dovrebbe preoccuparsi di smentire l’accusa piuttosto che lamentarsi di una inesistente ‘violazione’!
Altro luogo comune, privo di fondamento, è che oggi l’Italia sia un paese insicuro, e che il pericolo più grande sia rappresentato dalla ‘microcriminalità’: scippatori, borseggiatori… Ma, si chiede Davigo, quanto impiegherebbe uno scippatore a raggiungere l’entità del furto realizzato da un Callisto Tanzi ai danni di migliaia di risparmiatori?
Eppure lo scippatore non si meraviglia se, arrestato, va in galera, mentre Callisto Tanzi dice stupito: “Non me lo aspettavo.”!
Bisogna tenere alta la soglia critica, e non è facile oggi in Italia, paese in cui sembra che i veri valori siano la furbizia, la scaltrezza di chi evade le tasse, di chi costruisce abusivamente e aspetta il prossimo condono.
Bisogna educare i giovani a condannare l’evasione fiscale, che in Italia è a livelli spaventosi: chi non paga le tasse ruba alla collettività, usufruendo poi di strade, ospedali, scuole che non ha contribuito a pagare, e togliendo risorse alla giustizia, alla sanità, all’istruzione…
Dal pubblico viene questa domanda: ”Di fronte a leggi considerate ‘ingiuste’ c’è, per il cittadino, un margine di rifiuto e di autodeterminazione?" Davigo richiama al rispetto della legge sempre, anche quando appare contestabile: quello che il cittadino può fare è unirsi ad altri che condividano il suo giudizio, e organizzarsi per esprimere il dissenso e indurre a cambiare la legge stessa. Va corretto quel comportamento anarchico che viene spesso adottato in Italia, paese in cui scarseggia il senso dello Stato.
Il giudice sviluppa però anche altre considerazioni che inducono a sperare. Poiché i ladri non producono reddito, ma tutt’al più lo redistribuiscono, se continuiamo a vivere vuol dire che in Italia i lavoratori e gli onesti sono la maggioranza. E questo va a scardinare un altro luogo comune: che tutti rubino, che tutti si trasformino in ladri appena lo possano, spesso viene invocato come giustificazione: così fan tutti! Non è vero, e questo ci fa ritenere che sia possibile migliorare la situazione.
Conclusioni ripetute come premessa al successivo incontro serale presso la Fondazione Campostrini, ultimo del ciclo: "Perchè conviene essere onesti. I costi economici e sociali dell’illegalità". I ladri non possono vincere perché non avrebbero più niente da rubare. Inoltre una società senza legge e giustizia è destinata a soccombere nell’inefficenza, perché i comportamenti socio-economici non tenuti al rispetto delle regole diventerebbero imprevedibili. Tant’è che sopra una certa dimensione i mercati illegali devono essere governati dalla criminalità organizzata che sostituisce il giudice nell’applicare sanzioni a chi non si attiene alle regole criminali.
Davigo prosegue toccando con aneddoti e cifre argomenti scottanti come la corruzione, il numero oscuro dei reati non denunciati, minimo o inesistente per gli omicidi e i furti d’auto, altissimo per la stessa corruzione e altri reati economici, le modifiche alle norme sulla prescrizione, che di nuovo avvantaggiano i corruttori, la proibizione delle droghe, che il giudice condivide e argomenta vivacemente.
Vedi anche L’Arena del 24 maggio 2011: "Davigo: ‘E’ necessario un recupero di legalità’"