Casa S. Giuseppe: la profezia continua?

 E’ in corso il processo di beatificazione di don Giuseppe Girelli, sacerdote veronese, per la sua opera di apostolato nelle carceri. Nel 1954 don Girelli ha fondato a Ronco all’Adige la Casa S. Giuseppe, per dare alloggio e sostegno agli ex detenuti, soprattutto provenienti dall’ergastolo o dall’ospedale psichiatrico, con gravi difficoltà di reinserimento autonomo. Per diverse ragioni (trasformazioni sociali, difficoltà economiche…) la Casa si è progressivamente allontanata dalla missione originaria, ospitando prevalentemente anziani non ex detenuti con pagamento di una retta mensile quasi proibitiva per chi proviene dal carcere e non è altrimenti supportato dai servizi sociali

 Venerdì 18 febbraio u.s. nella sala rossa della Provincia di Verona si è tenuta la conferenza stampa per informare di un nuovo protocollo tra l’Uepe (Ufficio di esecuzione penale esterna) di Verona e la Casa S. Giuseppe per l’inserimento di detenuti in misura alternativa

 Giuseppe Ferro, direttore della Casa, ha esposto alcuni dati significativi sulla situazione delle carceri. Dopo l’assessore provinciale Fausto Sachetto e il magistrato di sorveglianza Lorenza Omarchi, don Daniele Cottini, da poco parroco di Ronco e presidente della Casa, ha ricordato la figura di don Girelli e il rischio di allontanamento dalla sua profezia, sostenendo che invece questo protocollo ridà senso alla storia e fa capire l’attualità del carisma del fondatore. Sonia Pagani, responsabile del servizio psicologico della Casa, ricordando il moltiplicarsi di problematiche psichiatriche associate alla detenzione, ha detto che la Casa offre agli ospiti un domicilio protetto, il sostegno della rete associativa locale, servizi educativi e psicologici personalizzati.

Dopo Simona Berti, assistente sociale del Comune di Ronco, Antonella Salvan dell’Uepe ha riferito alcune cifre sul lavoro dell’Ufficio relativamente a Verona: nel corso del 2010 sono stati presi in carico 1556 casi di condannati in misura alternativa, di cui 485 già seguiti in precedenza e 1071 pervenuti nell’anno; attualmente sono in carico 650 persone. Nel 2009 solo il 7% delle misure alternative concesse sono state revocate, e non per commissione di altri reati ma per trasgressione di disposizioni. Il vantaggio sociale del ricorso alle alternative alla carcerazione è confermato anche dal costo, certamente molto inferiore a quello giornaliero di un detenuto (128 euro, secondo alcuni calcoli). La garante dei diritti dei detenuti, Margherita Forestan, ha ripreso quindi sulla necessità non di costruire nuove carceri ma di ricorrere più diffusamente alle misure alternative, offrendo opportunità residenziali che devono significare anche accompagnamento nel reinserimento sociale.

 A questo punto si sarebbe voluto sapere quanti posti nella casa saranno destinati all’applicazione del protocollo, cioè agli ex detenuti, e soprattutto chi paga: è prevista una retta? A carico di chi? Perché evidentemente se fosse lo stesso ex detenuto a dover provvedere o a dipendere dall’assistenza sempre più tagliata del Comune o dell’Ulss, poco resterebbe ancora della profezia originaria di don Girelli.

Ma la conferenza stampa si è chiusa senza lasciare spazio alle domande.